mercoledì 18 novembre 2015
sabato 18 luglio 2015
CINQUANTA SFUMATURE DEL CIBO
Mentre nelle sale cinematografiche si fa la fila per vedere “Cinquanta sfumature di grigio”, il film scandalo tratto dalla trilogia della scrittrice inglese Erika Leonard (E.L. James), nella città meneghina, ma anche in tutto il bel paese, si respira sempre più “aria di Expo”, che il mese di maggio metterà in scena l’eccellenza culinaria di tutto il mondo, cui l’ Italia non ha nulla da invidiare agli altri paesi.
Così ovviamente la moda, uno dei settori cardine del business Italiano, non poteva ignorare tale fermento.
A prima vista due mondi lontani, la moda e la cucina, ma se ci si pensa i colori della moda con la loro continua trasformazione danno vita ad altre tonalità che facilmente possono accostarsi alle cromie culinarie.
Così nasce il nero di seppia, la cannella, il ribes o il bianco panna glacè, quest’estate vedrà protagonista l’arancio e il limone e l’inverno impazzirà di viola melanzana e di verde erba.
Chanel ricostruisce all’interno del Grand Palais un antico bistrot, allietato da profumi di croissant e champagne.
L’abito come nutrimento, un perfetto gioco di proporzioni come di sapori, ma soprattutto due elementi chiave dell’eccellenza italiana. Così lo chef Antonello Colonna ha aperto le porte del suo Open, lo scorso gennaio, per ospitare la collezione di alta moda Primavera/Estate di Gattinoni Couture.
Il direttore creativo della maison Gattinoni, Guglielmo Mariotto, si è ispirato alla perfezione del cibo facendo diventare gli ingredienti, dei veri e propri abiti. Così sfilano Bustier scolpito con vere spighe di grano con pantaloni in juta ricamati con veri biscotti e cappello realizzato con pasta di pane; in tutto il “menu” spiccano i gioielli di Gianni de Benedictis, designer del brand Futuro Remoto, che ha creato i gioielli della sfilata. Così al collo delle statuarie modelle si è fatto notare il collier- fourchette in platino che avvolgono preziosi spaghetti o gli orecchini fatti di pane e pietre dure, atti a celebrare la sapienza dell’Italia in ambito culinario.
Il colore nell'haute couture si trasforma quindi in veicolo comunicazionale energetico e visionario. Fa un gioco di rimandi e confronti di forte impatto emotivo, che rimanda anche al discorso sull’ecosostenibilità, il riciclo e il rispetto per il pianeta.
L’ispirazione viene anche dalla mostra “l’eleganza del cibo”, curata dal direttore della stessa maison, Stefano Dominella, che tratta proprio della contaminazione tra questi due mondi e della maestria degli artigiani italiani dell’uno e dell’altro settore. La mostra inizierà il 19 Maggio presso il museo Dei Fori Imperiali Dei Mercati di Traiano, a Roma.
Così ovviamente la moda, uno dei settori cardine del business Italiano, non poteva ignorare tale fermento.
A prima vista due mondi lontani, la moda e la cucina, ma se ci si pensa i colori della moda con la loro continua trasformazione danno vita ad altre tonalità che facilmente possono accostarsi alle cromie culinarie.
Così nasce il nero di seppia, la cannella, il ribes o il bianco panna glacè, quest’estate vedrà protagonista l’arancio e il limone e l’inverno impazzirà di viola melanzana e di verde erba.
Chanel ricostruisce all’interno del Grand Palais un antico bistrot, allietato da profumi di croissant e champagne.
L’abito come nutrimento, un perfetto gioco di proporzioni come di sapori, ma soprattutto due elementi chiave dell’eccellenza italiana. Così lo chef Antonello Colonna ha aperto le porte del suo Open, lo scorso gennaio, per ospitare la collezione di alta moda Primavera/Estate di Gattinoni Couture.
Il direttore creativo della maison Gattinoni, Guglielmo Mariotto, si è ispirato alla perfezione del cibo facendo diventare gli ingredienti, dei veri e propri abiti. Così sfilano Bustier scolpito con vere spighe di grano con pantaloni in juta ricamati con veri biscotti e cappello realizzato con pasta di pane; in tutto il “menu” spiccano i gioielli di Gianni de Benedictis, designer del brand Futuro Remoto, che ha creato i gioielli della sfilata. Così al collo delle statuarie modelle si è fatto notare il collier- fourchette in platino che avvolgono preziosi spaghetti o gli orecchini fatti di pane e pietre dure, atti a celebrare la sapienza dell’Italia in ambito culinario.
Il colore nell'haute couture si trasforma quindi in veicolo comunicazionale energetico e visionario. Fa un gioco di rimandi e confronti di forte impatto emotivo, che rimanda anche al discorso sull’ecosostenibilità, il riciclo e il rispetto per il pianeta.
L’ispirazione viene anche dalla mostra “l’eleganza del cibo”, curata dal direttore della stessa maison, Stefano Dominella, che tratta proprio della contaminazione tra questi due mondi e della maestria degli artigiani italiani dell’uno e dell’altro settore. La mostra inizierà il 19 Maggio presso il museo Dei Fori Imperiali Dei Mercati di Traiano, a Roma.
giovedì 19 marzo 2015
La Moda è un vizio, come l'abilità stilistica è una virtù
In un mondo dove l'ostentazione di ciò che si ha, supera di gran lunga quella di ciò che si è, ecco che la moda, rappresentazione suprema dell'immagine apparente, diventa un vizio, arrivando a prendere delle connotazioni negative.
Gli ultimi decenni, hanno sottoposto la moda a un cambiamento radicale del punto di vista passato.
Se prima erano gli stilisti a dettare legge sulla “buona educazione” del vestirsi e su cosa e come andava indossato, adesso la situazione si è ribaltata.
La moda si è messa sotto scacco in primis della situazione di crisi globale che tutta la società sta subendo, con conseguente modifica della richiesta, ma anche di un' interlocutore sempre più esigente, indipendente e informato, che ormai decide i tempi di azione delle case di moda, che non possono che perdere sempre di più la loro aurea di “virtuosa creatività”.
Lo scorso Gennaio, come di consueto, Milano è stata passerella delle sfilate Uomo Autunno/Inverno 2015/16, che sembra abbiano fatto da portavoci di una sempre più affermazione della moda maschile e di quanto anche gli uomini possono e devono curare la propria immagine anche e, perchè no, giocando col maquillage.
Il giovane di Emporio Armani cerca di far diventare un look casual meno casuale, intensificando il suo sguardo con il kajal.
L'uomo maturo di Giorgio Armani, invece si affianca alla donna che sfila con la sua stessa identica mise come a sottolineare quanto una donna resti ciononostante femminile, ma è difficile che succeda il contrario. Unico elemento che deve rimanere comune ai due sessi è l'eleganza che nn conosce evoluzioni, ma resta costante.
Brioni celebra invece la gentilezza dei poeti e dei cavalieri di fine 800, che nell'impero asburgico corteggiavano le principesse nei salotti viennesi. Un invito a recuperare quella classe quasi scomparsa delle nuove generazioni, che ha come sfondo il Castello Sforzesco.
Simile, ma non uguale il messaggio di Prada, che in questo totale caos di linguaggio cerca di tornare al significato imposto dal vocabolario per dare ordine in questa attuale babele ove tutto è lecito pur di dettare slogan ormai scontati.
Un look senza orpelli, assolutamente minimale, fiero di affermare la sua eleganza e sobrietà.
Sarà quindi che forse la necessità di “rieducare” è diventata per gli stilisti la loro nuova virtù?
lunedì 19 gennaio 2015
C'ERA UNA VOLTA LA CARTA STAMPATA
C’era una volta quell’emozione di recarsi al mattino dall’ edicolante di fiducia, con il cappuccino nel bicchiere di carta fumante e comperare uno, due, tre riviste curiosi di leggere l’ultimo articolo di Anna Piaggi.
C’era una volta il gesto di strappare con foga il celofan di Vogue e sentirne l’odore, toccarne le pagine patinate, assaporare la moda con tutti i suoi gusti, dolce, acida o caramellosa, guardare e ammirare come tra opera d’arte e comunicazione pubblicitaria fotografi come David Lachapelle avessero dato un’anima agli abiti degli stilisti più prestigiosi.
C’ era una volta la punteggiatura. I periodi erano sapientemente scanditi da virgole e punti e i punti esclamativi erano ben dosati e posizionati in modo opportuno.
La Moda se avesse un segno zodiacale sarebbe sicuramente gemelli, ambivalente e con tante sfaccettature.
Chiunque può parlare di lei, delle sue tendenze “spicciole”, su quanto quest’inverno si porti l’animalier , il cammello, il nero, il pizzo e un’infinità di altri vaghi riferimenti diventati prelibate leccornie di tutte le “esperte” bloggers del web. Solo, però, dei veri professionisti esperti, che hanno studiato e che per anni hanno dovuto misurare e nascondersi dietro articoli informativi che bandivano la presenza di qualsivoglia considerazione personale
la moda è anche altro. La si può vedere come l’immagine della società, delle sue evoluzioni, delle sue contraddizioni, espressione di condizioni culturali lontane dalle mere descrizioni di ciò che le modelle indossavano in passerella.
Certo è che negli ultimi tempi sia il mondo creativo che editoriale, accorgendosi della forza mediatica assunta da queste giovani figure, sta facendo notevoli ed evidenti opere di adulazione, invitandole alle sfilate o stendendo interviste nelle pagine della stampa internazionale.
Usare internet come nuovo veicolo di informazione, si,ma con moderazione, sfruttando la sua efficace velocità di comunicare e di trovare “tutto”, ma di filtrare questo “tutto” confrontandolo sempre con informazioni “DOC”.
Pertanto, invece di provare l’emozione di sfogliare le pagine del proprio giornale preferito, ci si deve abituare alla sensazione unica che dona il touch screen quando lo si sfoglia con le dita, la trepidazione e il leggero senso di ansia per la batteria che sta finendo, mentre però si continua a leggere le perle di saggezza di giornaliste che scrivono di quello che hanno studiato, seguito, sviscerato e vissuto per anni; acquisendo l’occhio e la mente di colui che conosce ciò di cui parla.
“The show must go on” delle riviste patinate, dell’edicolante sotto casa, dell’odore di colla misto a carta e alle nobilitazioni tipografiche, che devono esistere e recuperare un pò della loro lacerata egemonia.
C’era una volta il gesto di strappare con foga il celofan di Vogue e sentirne l’odore, toccarne le pagine patinate, assaporare la moda con tutti i suoi gusti, dolce, acida o caramellosa, guardare e ammirare come tra opera d’arte e comunicazione pubblicitaria fotografi come David Lachapelle avessero dato un’anima agli abiti degli stilisti più prestigiosi.
C’ era una volta la punteggiatura. I periodi erano sapientemente scanditi da virgole e punti e i punti esclamativi erano ben dosati e posizionati in modo opportuno.
La Moda se avesse un segno zodiacale sarebbe sicuramente gemelli, ambivalente e con tante sfaccettature.
Chiunque può parlare di lei, delle sue tendenze “spicciole”, su quanto quest’inverno si porti l’animalier , il cammello, il nero, il pizzo e un’infinità di altri vaghi riferimenti diventati prelibate leccornie di tutte le “esperte” bloggers del web. Solo, però, dei veri professionisti esperti, che hanno studiato e che per anni hanno dovuto misurare e nascondersi dietro articoli informativi che bandivano la presenza di qualsivoglia considerazione personale
la moda è anche altro. La si può vedere come l’immagine della società, delle sue evoluzioni, delle sue contraddizioni, espressione di condizioni culturali lontane dalle mere descrizioni di ciò che le modelle indossavano in passerella.
Certo è che negli ultimi tempi sia il mondo creativo che editoriale, accorgendosi della forza mediatica assunta da queste giovani figure, sta facendo notevoli ed evidenti opere di adulazione, invitandole alle sfilate o stendendo interviste nelle pagine della stampa internazionale.
Usare internet come nuovo veicolo di informazione, si,ma con moderazione, sfruttando la sua efficace velocità di comunicare e di trovare “tutto”, ma di filtrare questo “tutto” confrontandolo sempre con informazioni “DOC”.
Pertanto, invece di provare l’emozione di sfogliare le pagine del proprio giornale preferito, ci si deve abituare alla sensazione unica che dona il touch screen quando lo si sfoglia con le dita, la trepidazione e il leggero senso di ansia per la batteria che sta finendo, mentre però si continua a leggere le perle di saggezza di giornaliste che scrivono di quello che hanno studiato, seguito, sviscerato e vissuto per anni; acquisendo l’occhio e la mente di colui che conosce ciò di cui parla.
“The show must go on” delle riviste patinate, dell’edicolante sotto casa, dell’odore di colla misto a carta e alle nobilitazioni tipografiche, che devono esistere e recuperare un pò della loro lacerata egemonia.
LA MODA DALL'ANNO ZERO
Il cielo sopra il 2000 è un cielo senza tempo, senza le stesse regole e obbiettivi che prima dettavano il modus vivendi del mondo occidentale.
Ad un certo punto, per ragioni politico-sociali, la realtà non aveva più la stessa forma, non era vista più con gli stessi occhi.
Scansata ogni superstizione sull’anno zero e sull’imminente apocalisse, tutto è pervaso da una nube di incertezza, la meritocrazia nel lavoro e anche nel privato non seguiva più le stesse regole, che fino ad allora avevano portato l’uomo a vivere guardando a determinati obbiettivi.
La donna non è più permeata di quell’aura di innocenza e velata sottomissione, bensì si ritrova per la prima volta a combattere nelle trincee dell’Afghanistan con tuta mimetica obbligatoriamente unisex, definitiva conferma della condizione paritaria dei due sessi.
L’uomo dall’altra parte mostra sempre più interesse per la sua immagine. Creme antirughe, restyling di bellezza e passerelle sempre più importanti a cui gli stilisti dedicano finalmente una più meritata attenzione.
Così la moda, una delle principali portavoci dell’evoluzione sociale, ha reagito a questo momento di disequilibrio e incertezza, con più discrezione, ma sempre in rappresentanza dei moti culturali di quei tempi.
La donna non era più solo una statua passiva, ma la protagonista lavorativamente contribuente di se stessa, condizione sempre meno scelta e sempre più necessaria.
Quindi abiti sempre più pratici, “malneabili”, che si adeguavano a vivere lo scandirsi delle varie situazioni quotidiane.
E’ il momento delle maxibags, che possono contenere dalle scarpe tacco 13 per il momento “cocktail”, alle ballerine, per sgambettare nelle affollate metropoli/tane, tra cellulari, poi diventati Iphone, Ipad, Android e inevitabili caricabatterie.
L’accessorio diventa il protagonista, il non plus ultra capace di dar carattere anche al più banale dei tubini. La cintura in vita vive da allora la sua totale egemonia per sottolineare silhouette altrimenti nascoste da larghi magliettoni, i veri successori delle cortissime
t-shirt anno ’90, che lasciavano scandalosamente a vista gli ombelichi.
Il patinato mondo della moda vedeva l’ascesa nelle principali maison francesi delle nuove leve inglesi. John Galliano per Givenchy e poi Dior, Alexander McQueen, il suo successore, Stella McCartney per Chloè, che, accanto all’affermazione dei belga “sei di Anversa” e al ritrovato splendore dell’italiana Gucci sotto la direzione dell’americano Tom Ford, anche per Yves Saint Laurent, confermarono la moda come un fenomeno sempre più internazionale.
Quest’ultimo designer, non solo ridiede vita alle suddette maison, ma confermò una certa immagine femminina, trasgressiva, sexy ma con estrema classe ed eleganza, visibile in passerella come nelle provocatrici campagne pubblicitarie.
Anche le mise che lui stesso indossava incisero sulla moda maschile e sulla nuova identità che l’uomo stava confermando, forse con meno androginia, ma sicuramente con un sempre più spiccato senso dello stile.
Non è un caso infine, che si siano usati verbi al passato. Oggi il tempo corre in fretta e quello che avviene oggi è in un istante, un avvenimento di ieri.
Ad un certo punto, per ragioni politico-sociali, la realtà non aveva più la stessa forma, non era vista più con gli stessi occhi.
Scansata ogni superstizione sull’anno zero e sull’imminente apocalisse, tutto è pervaso da una nube di incertezza, la meritocrazia nel lavoro e anche nel privato non seguiva più le stesse regole, che fino ad allora avevano portato l’uomo a vivere guardando a determinati obbiettivi.
La donna non è più permeata di quell’aura di innocenza e velata sottomissione, bensì si ritrova per la prima volta a combattere nelle trincee dell’Afghanistan con tuta mimetica obbligatoriamente unisex, definitiva conferma della condizione paritaria dei due sessi.
L’uomo dall’altra parte mostra sempre più interesse per la sua immagine. Creme antirughe, restyling di bellezza e passerelle sempre più importanti a cui gli stilisti dedicano finalmente una più meritata attenzione.
Così la moda, una delle principali portavoci dell’evoluzione sociale, ha reagito a questo momento di disequilibrio e incertezza, con più discrezione, ma sempre in rappresentanza dei moti culturali di quei tempi.
La donna non era più solo una statua passiva, ma la protagonista lavorativamente contribuente di se stessa, condizione sempre meno scelta e sempre più necessaria.
Quindi abiti sempre più pratici, “malneabili”, che si adeguavano a vivere lo scandirsi delle varie situazioni quotidiane.
E’ il momento delle maxibags, che possono contenere dalle scarpe tacco 13 per il momento “cocktail”, alle ballerine, per sgambettare nelle affollate metropoli/tane, tra cellulari, poi diventati Iphone, Ipad, Android e inevitabili caricabatterie.
L’accessorio diventa il protagonista, il non plus ultra capace di dar carattere anche al più banale dei tubini. La cintura in vita vive da allora la sua totale egemonia per sottolineare silhouette altrimenti nascoste da larghi magliettoni, i veri successori delle cortissime
t-shirt anno ’90, che lasciavano scandalosamente a vista gli ombelichi.
Il patinato mondo della moda vedeva l’ascesa nelle principali maison francesi delle nuove leve inglesi. John Galliano per Givenchy e poi Dior, Alexander McQueen, il suo successore, Stella McCartney per Chloè, che, accanto all’affermazione dei belga “sei di Anversa” e al ritrovato splendore dell’italiana Gucci sotto la direzione dell’americano Tom Ford, anche per Yves Saint Laurent, confermarono la moda come un fenomeno sempre più internazionale.
Quest’ultimo designer, non solo ridiede vita alle suddette maison, ma confermò una certa immagine femminina, trasgressiva, sexy ma con estrema classe ed eleganza, visibile in passerella come nelle provocatrici campagne pubblicitarie.
Anche le mise che lui stesso indossava incisero sulla moda maschile e sulla nuova identità che l’uomo stava confermando, forse con meno androginia, ma sicuramente con un sempre più spiccato senso dello stile.
Non è un caso infine, che si siano usati verbi al passato. Oggi il tempo corre in fretta e quello che avviene oggi è in un istante, un avvenimento di ieri.
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