C’era una volta quell’emozione di recarsi al mattino dall’ edicolante di fiducia, con il cappuccino nel bicchiere di carta fumante e comperare uno, due, tre riviste curiosi di leggere l’ultimo articolo di Anna Piaggi.
C’era una volta il gesto di strappare con foga il celofan di Vogue e sentirne l’odore, toccarne le pagine patinate, assaporare la moda con tutti i suoi gusti, dolce, acida o caramellosa, guardare e ammirare come tra opera d’arte e comunicazione pubblicitaria fotografi come David Lachapelle avessero dato un’anima agli abiti degli stilisti più prestigiosi.
C’ era una volta la punteggiatura. I periodi erano sapientemente scanditi da virgole e punti e i punti esclamativi erano ben dosati e posizionati in modo opportuno.
La Moda se avesse un segno zodiacale sarebbe sicuramente gemelli, ambivalente e con tante sfaccettature.
Chiunque può parlare di lei, delle sue tendenze “spicciole”, su quanto quest’inverno si porti l’animalier , il cammello, il nero, il pizzo e un’infinità di altri vaghi riferimenti diventati prelibate leccornie di tutte le “esperte” bloggers del web. Solo, però, dei veri professionisti esperti, che hanno studiato e che per anni hanno dovuto misurare e nascondersi dietro articoli informativi che bandivano la presenza di qualsivoglia considerazione personale
la moda è anche altro. La si può vedere come l’immagine della società, delle sue evoluzioni, delle sue contraddizioni, espressione di condizioni culturali lontane dalle mere descrizioni di ciò che le modelle indossavano in passerella.
Certo è che negli ultimi tempi sia il mondo creativo che editoriale, accorgendosi della forza mediatica assunta da queste giovani figure, sta facendo notevoli ed evidenti opere di adulazione, invitandole alle sfilate o stendendo interviste nelle pagine della stampa internazionale.
Usare internet come nuovo veicolo di informazione, si,ma con moderazione, sfruttando la sua efficace velocità di comunicare e di trovare “tutto”, ma di filtrare questo “tutto” confrontandolo sempre con informazioni “DOC”.
Pertanto, invece di provare l’emozione di sfogliare le pagine del proprio giornale preferito, ci si deve abituare alla sensazione unica che dona il touch screen quando lo si sfoglia con le dita, la trepidazione e il leggero senso di ansia per la batteria che sta finendo, mentre però si continua a leggere le perle di saggezza di giornaliste che scrivono di quello che hanno studiato, seguito, sviscerato e vissuto per anni; acquisendo l’occhio e la mente di colui che conosce ciò di cui parla.
“The show must go on” delle riviste patinate, dell’edicolante sotto casa, dell’odore di colla misto a carta e alle nobilitazioni tipografiche, che devono esistere e recuperare un pò della loro lacerata egemonia.
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